CasaPound: “Leoncavallo? Lo sgombero un bluff, è solo business: noi difenderemo il palazzo, da qui non ci muoviamo”

Non aveva escluso uno sgombero anche di CasaPound, l’edificio occupato dall’omonimo movimento di estrema destra a Roma, dopo quello del centro sociale Leoncavallo a Milano. “Prima o poi arriverà anche il suo turno”, ha dichiarato il ministro degli Interni Matteo Piantedosi intervenuto al Meeting di Rimini. È che quando il vice premier e segretario della Lega Matteo Salvini e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni avevano celebrato la legalità ed esultato per lo sgombero a Milano in molti avevano fatto notare e chiesto: e allora, CasaPound?

CasaPound occupa un edificio di proprietà pubblica dal 2003. Si trova in via Napoleone III, nel centro di Roma, quartiere Esquilino. Prima dell’occupazione a opera di centri sociali di destra ospitava degli uffici del ministero dell’Istruzione. Da allora il movimento dei “fascisti del terzo millennio” è diventato nazionale, a volte anche candidato come partito prima di abolire quell’esperienza elettorale dopo lo 0,33% alle Europee del 2019. Il ministro della Cultura Alessandro Giuli aveva dichiarato che CasaPound potrà non essere sgomberato “nella misura in cui si allinea a dei criteri di legalità”. Anche Piantedosi ha ipotizzato un percorso del genere. “Il Comune di Roma ha comprato addirittura delle strutture per legalizzarli, è successo anche in altre città”.

L’edificio di sei piani è stato sequestrato a maggio 2020, secondo la Corte dei Conti è costato 4,6 milioni di euro di mancati introiti per il Demanio. Lo stesso Piantedosi, a maggio 2022, aveva inserito lo stabile al sesto posto nella graduatoria del Piano sgomberi. “Al contrario di quello che non hanno fatto al Leoncavallo, se dovessero arrivare per sgomberarci, noi difenderemo il palazzo. Non è una dichiarazione di guerra o una provocazione. Ma la nostra occupazione non può essere paragonata a quella di Milano”, ha dichiarato in un’intervista a Il Corriere della Sera il portavoce di CasaPound Italia Luca Marsella.

“L’operazione milanese è stata un bluff per regolarizzare un’illegalità, non c’è stato sgombero, ma un accordo con il Comune per trasferirlo in un capannone […] Dietro c’è solo business. Si spendono milioni, ma non per la nostra occupazione dove a rotazione assistiamo venti famiglie italiane”, ha aggiunto Marsella. “Credo che il ministro Giuli abbia capito di cosa abbiamo bisogno: essere messi in regola, non vogliamo restare occupanti per sempre. Ma da qui non ci muoveremo”

Lo sgombero del Leoncavallo è stato deciso dal prefetto, senza la collaborazione della giunta comunale milanese di centrosinistra, giovedì scorso. A sorpresa, l’ufficiale giudiziario era atteso a inizio settembre. Il Centro era stato aperto nella prima sede, nell’omonima via, a metà degli anni ’70. Era stato trasferito in un’ex cartiera nel 1994 in via Watteau, nel quartiere di Greco. Lo sgombero era stato rinviato circa 130 volte. La proprietà è una società della famiglia Cabassi.

Redazione Web